La presenza di odori molesti è ormai considerata a tutti gli effetti come una delle rappresentazioni dell’inquinamento atmosferico. La sensazione spesso sgradevole di odore identificata dal sistema olfattivo umano è generata dalla presenza in atmosfera di una miscela di sostanze chimiche denominate genericamente “sostanze odorigene” in grado di determinare una molestia anche in concentrazioni molto basse, solitamente molto minori di quelle capaci di causare danni alla salute o effetti sull’ambiente.
Risulta quindi naturale pensare alla descrizione del destino di sostanze odorigene in atmosfera mediante gli stessi modelli di dispersione che vengono applicati in genere per la qualità dell’aria. La sensazione di molestia olfattiva si manifesta però durante ogni singolo respiratorio umano che avviene su scale di tempo molto brevi (qualche secondo) rispetto a quelle tipicamente considerate nelle applicazioni di qualità dell’aria (dove sono di interesse concentrazioni medie orarie, medie giornaliere o medie annuali). Occorre quindi utilizzare modelli che siano in grado di descrivere l’andamento delle concentrazioni su scale di tempo molto brevi, o “istantanee”, per evitare possibili sottostime. Per ovviare al problema, i risultati ottenuti dai modelli di dispersione vengono riprocessati per poter ricostruire, sulla base delle concentrazioni “medie” e attraverso l’applicazione del cosiddetto peak-to-mean ratio, i valori di picco oppure più in generale per ricostruire la distribuzione di probabilità attraverso la stima di almeno la varianza delle concentrazioni stesse.
Nelle applicazioni modellistiche è prassi quantificare collettivamente gli effetti attraverso l’unità di odore (unità olfattometrica, ouE) (UNI EN 13725:2004) e di evidenziarne la presenza in aria mediante la concentrazione di odore (ouE/m3) che rappresentano il numero di diluizioni necessarie affinché il 50% degli esaminatori di un panel addestrato di indagine non avverta più l’odore del campione d’aria analizzato. Viene quindi simulata la dispersione di questa pseudo-sostanza, che si suppone si diluisca come un tracciante in atmosfera, emessa alla sorgente ad una data concentrazione iniziale.
Il modello di dispersione a particelle SPRAY possiede algoritmi ad hoc per il calcolo delle concentrazioni di picco che sono funzione del tempo di volo delle particelle, risultando particolarmente adatto ad applicazioni che riguardano gli odori.